Grazie

Sala d’attesa.

Il tappeto antico, i divani di pelle nera.

Mio figlio che gioca ed una coppia che entra proprio in quel momento.

I suoi occhi curiosi si posano sulla ragazza visibilmente agitata, le mani sul ventre, una gravidanza pronunciata.

L’attesa nell’attesa.

L’imbarazzo nel chiedermi com’è andato il momento del mio parto, un paio di domande con la voce rotta della vita che sta per arrivare ed è già emozione.

Ed il mio ricordo che si incastra e confonde, quelle notti difficili e di solitudine mentre i dolori mi legavano e frammentavano, prima di quella notte lunghissima e che non si è sgretolata come le altre ma resta unica e indelebile.

Sarah la mia guida.

Il suo volto solare e la sicurezza cucita alla dolcezza dei suoi gesti.

La passione del suo lavoro, contro la mia stanchezza mista a fobia, nell’aspettare il momento giusto per abbracciare mio figlio.

Sarah e l’esserci. L’avere pazienza e cura di ogni minuto e scandire con me i respiri. Sorridere con calma di fronte alle mie debolezze.

Ero come in una bolla, in una sorta di mondo parallelo che per lei era normalità e per me un viaggio a mani tremanti.

Ho lo scatto del momento in cui il mio bimbo ha visto la luce, trattenuto e tenuto dalle mani di Sarah.

Sembra così lontano quel frangente, se non ci penso, ma se lo rivivo in ogni suo secondo sento tutto e vedo tutto, soprattutto quel sorriso fraterno e unico.

Sarah, grazie.

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2019-03-02T16:59:18+02:00