Dentro al cuore

Una torta, i piatti sparsi sul tavolo, il profumo di dolci, di vita, di amore.

Casa, unione, scelte.

La parola mamma che mi risuona nelle orecchie, il mio nido caldo esteso tra le mie braccia.

Sono trascorsi venti giorni dal compleanno del mio primo figlio e la sua frase mi risuona ancora limpida nella mente:

“La mia prima infanzia è stata triste, ma la seconda è stata bellissima. Sono felice!”

Sì, perché i nostri figli non lo sono di sangue, ma sono pienamente figli di cuore.

Li adottammo già da grandicelli, dopo che la vita ci aveva messi davanti ad un bivio.

Un figlio in modo naturale non arrivava e sotto invito del parroco del nostro paese decidemmo per l’affido, iniziò un iter lungo nove mesi, come una vera e propria gestazione, fatto di incontri con assistenti sociali, psicologi, corsi, informazioni, fino a che non ci proposero un ragazzino di dieci anni.

Andammo ad incontrare lui ed i suoi due fratelli il Sabato Santo alla comunità facendo finta di essere dei nuovi volontari, ci colpirono subito i suoi occhi molto tristi e il volto del suo fratellino più piccolo di otto anni. Cercammo di metterli a loro agio giocando a Monopoli e tra una chiacchiera e l’altra, venne fuori che mio marito adorava giocare a calcio e loro presi dall’entusiasmo andarono a recuperare la palla e ci fiondammo tutti fuori a tirare calci come se fossimo diventati fin da subito una squadra affiatata!

Il pomeriggio volò in loro compagnia e quando fu il momento di andare via ci chiesero se potevamo tornare ancora a trovarli, rispondemmo che avremmo potuto solo di sabato, perché gli altri giorni lavoravamo.

Gli incontri si facevano sempre più frequenti, anche se purtroppo con il più grande non erano molto semplici e infatti finì che venne affidato ad un’altra coppia, ma dentro al nostro cuore la scelta era già stata fatta e così la comunicammo ai servizi sociali: volevamo prendere anche il più piccolo dei fratellini!

La nostra vita era stavolta, lo volevamo, era il nostro desiderio, eravamo pronti da tanto e così da essere in due, ci siamo ritrovati in quattro!

Il nostro viaggio pieno di emozioni aveva inizio!

Ricordare ora è un incatenarsi di parole, ma non è stato tutto rose e fiori negli anni, oltre alla leggerezza dettata dalla gioia, ci sono state parecchie difficoltà, i ragazzi avevano ferite aperte legate alla loro famiglia di origine, da cui erano stati allontanati tramite il tribunale e quindi volevano inconsciamente mettere alla prova sia me che mio marito per capire se mai li avessimo abbandonati, come già era successo con la loro madre.

Ci è voluto tempo ma siamo qui!

Ora hanno venti e diciassette anni, sono diventati nostri figli adottivi a tutti gli effetti dopo otto anni dall’inizio dell’affido, il cammino è stato tortuoso ma so che il nostro amore è stato più grande di tutto, è riuscito ad avvolgere anche le loro vecchie sofferenze e a fare capire ad entrambi che potevano fidarsi di noi, del nostro sentimento, dei nostri occhi.

Una madre può essere anche biologica, averci messo il suo sangue, ma se poi non sa amare o dona un amore malato ai propri figli, è solo una presenza che non dona serenità alla loro crescita affettiva di vita. Non basta averli tenuti nel proprio grembo per nove mesi per potersi fare chiamare madre, io non ho avuto questa fortuna con loro, ma ancora prima che li incontrassi stavano già crescendo dentro al mio cuore.

Per fortuna loro hanno accolto con gioia e sincerità la decisione del giudice di far sì diventassimo i loro genitori adottivi, hanno capito che non c’era alcuna speranza di tornare a casa della loro madre biologica, le difficoltà sarebbero state davvero troppe su molti aspetti, sebbene fossero trascorsi gli anni. La sentono al telefono e sono sereni.

E io mi ritrovo ad assaporare quotidianamente il piacere di questa scelta importante, sento dentro ancora il sentimento crescere come se ogni giorno sbocciasse e prendesse forza, io che ho cercato di riparare ai danni che quell’amore malato aveva inferto a quei bimbi che ora sono già adulti.

Sapere che sono felici mi riempie di vita, di quel qualcosa che non si può chiamare in modo diverso da Mamma, perché io questo sono per loro!

(Dall’esperienza di Margot)

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2022-04-22T16:30:36+01:00