Ieri

I corridoi, il silenzio, un uomo alto stempiato e con la barba grigia.

Un ragazzo sulle sue ed i suoi genitori con un sacco di domande in testa e sulla lingua.

Io che guardo e quel posto già lo sento mio. Una sorta di casa in cui passerò del tempo, un luogo che mi accoglierà, in cui sarà crescere la vera bellezza.

10 settembre 2001, prima di quel giorno che cambiò tutto il mondo ma mentre nessuno ancora sapeva, io iniziavo un cammino in una scuola che aveva un sacco di cose da far scoprire.

Scarpe e jeans neri, maglietta nocciola e la fila vuota; solo il tocco alla spalla di una ragazza e l’inizio di un’amicizia.

Ed ora cosa resta di quell’aula magna?

Cosa resta di un luogo che per cinquant’anni ha accolto ragazzi pronti ad un percorso, ad arricchirsi, studiare, scoprirsi, imparare, relazionarsi, soffrire, perdere, gioire.

La porta con la maniglia cromata, i vetri, il cortile con i sassi nel cemento, l’odore di sigarette e quella quinta che un pò imbarazzava.

Quel ragazzo che aspettavo di guardare mentre già sedevo sul pullman alla stazione, i banchi della sua classe che poi divenne la mia, mentre altri pezzi di vita prendevano il volo dopo il diploma.

Un articolo di giornale che sigilla la fine. Letto pochi giorni fa come un pugno dritto allo stomaco, la foto di un’ultima classe che finisce il suo percorso di studi ed è come se avesse avuto per cinque anni una grossa responsabilità.

Il “Ponzini” ha chiuso i battenti.

Quel ragazzo di quel sabato divenne poi mio compagno e il prof stempiato, quello di disegno tecnico per i geometri.

Altri li conobbi, i loro nomi stampati dentro come volti rimasti adolescenti, sfigurati dagli anni e dal perdersi.

La malinconia raggrinzisce i profumi, dentro quei passi tremoli che lì mi hanno vista cedere, non dimenticherò quella donna che mi ha insegnato ad esserlo a mia volta e che non saprà mai che la scuola che ci ha unite, ha chiuso.

Dietro quel portone di legno resteranno ringhiere arrugginite, affreschi grigi, finestre scrostate dai vetri sporchi, aule vuote, voci a ridosso dei muri.

E vedo la porta chiusa della nostra aula, quella che ho amato.

Il mio posto vicino alla finestra.

Dentro resterà la parte di me che ho perso per sempre.

Non sono riuscita a riprenderla neppure quando ci tornai, anzi, in quel momento ero così senza respiro da non avere neppure la forza di ritrovare le risate lungo le scale, era tutto dilatato, sgretolato.

Anni di gioventù e di segreti, di non voglia e di ansie, di voti e vuoti a perdere, di corse e baci, di noi e loro.

Di genitori e poi figli.

Di questa malinconia che non riporterà nulla.

Guardo l’unica foto che ho di allora.

E sento tutto.

Anche lo scatto davanti a noi ed un mattino di ottobre che ci ha visti immortalati, dopo che ci chiamarono dalla porta aperta della classe mentre c’era lezione di inglese con quella prof bassina e con i capelli tinti di rosso ciliegia.

Divenuti indelebili su carta lucida e chissà finiti in quale cassetto.

In quale aula.

In quale corridoio.

Come quando arrivai diciotto anni fa e le foto di anni passati troneggiavano sul muro.

Adolescenti ormai adulti a guardare oltre la parete, poi tolte e archiviate, come la nostra persa o stretta.

Vorrei per una volta essere ancora là a ridere, magari nell’ora di francese o in quella di geografia, o a scambiarci i diari tra amiche o a guardare con la coda dell’occhio il compagno che ci faceva girare la testa e anche le scatole.

Vorrei per un attimo riavvolgere tutto e ritrovarmi con tutti, riavere la forza e finire, stringermi con loro e dirci “ce l’abbiamo fatta!”

Poi uscire e sapere che quella scuola non verrà chiusa dopo tredici anni dal nostro addio, ma che i nostri figli potranno un giorno metterci piede e sentirsi a casa come è successo a noi e prima a qualche mamma o papà o sorella o fratello.

Invece non esiste un’alternativa.

Non esiste un cambio.

Non esisterà un poi.

Esisteranno solo i ricordi.

Luglio 2019: un saluto caro all’Istituto ITCG Ponzini che dopo anni di attività scolastica chiude i battenti. Gli iscritti sono andati diminuendo, ma i ricordi non smetteranno mai di pulsare.

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2019-07-12T10:17:01+02:00